L’insipienza di certi “cattolici”. – Parte I°

L’insipienza di certi “cattolici”.

Parte I°

 

venerdì 21 novembre 2008

 

Cristiani, valori e partiti

Cristiani, valori e parti politiche

Forse si può dire, con sufficiente verosimiglianza, che la maggioranza dei cristiani simpatizza in Italia (e anche in Europa e negli USA) con i partiti conservatori o con quelli riformisti in funzione della valutazione data su due presunte tipologie di valori, propri del cristianesimo.
Alcuni (forse i più) simpatizzano per i conservatori, talvolta anche li appoggiano e li sostengono, in quanto questi ultimi affermano di tutelare alcuni valori imprescindibili quali: la difesa della vita (in contrasto con l’aborto e l’eutanasia), il primato della famiglia rispetto alle altre realtà sociali e il sostegno alla scuola privata.
Altri indirizzano le proprie simpatie verso i riformisti, sostenitori di politiche sociali ed economiche indirizzate a tutelare altri valori della dottrina sociale della Chiesa quali: l’opzione preferenziale per i poveri, la giustizia sociale e la pace.
Il problema sorge in quanto (particolarmente in un sistema bipolare) entrambe le parti politiche, a fronte del sostegno dell’una o dell’altra tipologia di valori, tendono a sottovalutare una delle due. A titolo esemplificativo i partiti conservatori propugnano politiche economiche e sociali rivolte a premiare il merito spesso circoscrivendo però la giustizia sociale ad un obbligo di “compassione” verso i meno abbienti, mentre i partiti riformisti alzano la bandiera di valori, specialmente, in campo bioetica, in pieno contrasto con quelli cristiani.
C’è anche da aggiungere un pizzico di ipocrisia, in quanto gli esponenti (e una buona parte degli elettori) dei partiti conservatori, mentre a parole difendono i valori della vita e della famiglia, spesso nella vita privata si comportano in maniera differente; così come altrettanto fanno gli esponenti (e una buona parte degli elettori) riformisti assumendo comportamenti personali in spregio alla povertà.
Qual è una possibile e concreta via di uscita per un cristiano che voglia vivere la pienezza dei suoi valori anche in ambito politico?
Allo stato dei fatti non ce n’è un’immediata, anche se la grande maggioranza della Gerarchia dei valori, sulla base di un’ipotesi di ragionamento che vede i valori etici della vita e della famiglia (valori definiti non negoziabili) prevalere sugli altri (più tipicamente sociali), tende a simpatizzare per i partiti conservatori.
Questo atteggiamento della maggioranza dei Vescovi suscita qualche perplessità, perché rimane difficile capire come sia possibile, in concreto e non solo in astratto, proclamare la priorità dei diritti alla vita e al bene della famiglia senza una contestuale proclamazione dell’esigenza di politiche sociali che permettano a tutti di procreare e educare i figli e, ancor prima, di avere una casa familiare. A titolo di esempio dovremmo porci il problema di come conciliare (se conciliabile) l’esigenza di flessibilità (se non precarietà) richiesta dal moderno sistema economico globale con la necessità primaria di stabilità (anche e soprattutto fisica e temporale) del rapporto interpersonale di natura familiare.
Forse sarebbe preferibile considerare i valori, talvolta visti in maniera contrapposta, di carattere rispettivamente bioetico e sociale, come le parti di un sistema valoriale da considerare unico e inscindibile. La difesa dei valori bioetici (vita e famiglia) passa attraverso l’attuazione di politiche che operino redistribuzioni di reddito tali da garantire a tutti una concreta tutela di tali valori, mentre contestualmente tali politiche devono privilegiare l’effettiva possibilità di consumi che concretizzino questi stessi valori a scapito di consumi meramente effimeri e superflui.
Questo non vuol dire richiedere immediatamente la costituzione di partiti politici che siano espressioni di questa linea. Come ci insegnano la scienza politica e la psicologia sociale, i partiti politici (a parte quelli di carattere meramente personale) non nascono dal nulla ma presuppongono l’esistenza di un progetto culturale che consolidi il sistema unificante di valori e permetta successivamente, attraverso un’adeguata mediazione e un’analisi concreta della situazione nazionale e internazionale, l’elaborazione di efficaci linee politiche conseguenti. Solo al termine di questo processo si può parlare di costituzione di un partito politico capace di dar corpo a tali linee politiche.
E’ un passaggio non eliminabile che forse richiederà l’impegno di un’intera generazione. Nel frattempo ai cristiani impegnati in politica toccherà l’ingrato compito di saper discernere le aree e i limiti di questo impegno nell’ambito dei partiti o movimenti ai quali aderiscono, senza mai dimenticare il primario obbligo della carità reciproca (diceva S. Agostino: “in
certis unitas, in incertis libertas, in omnibus caritas” (sulle cose certe  i cristiani devono essere uniti, su quelle incerte vige il principio della libertà, ma sempre ci deve essere la carità reciproca).[1]

 

 

Ulteriore sviluppo del pensiero.

 

Innanzitutto una breve premessa.

Gli articoli che ho analizzato in precedenza, e sui quali ho effettuato dei commenti o espresso considerazioni, erano articoli che mi erano stati inviati direttamente dagli autori o da organizzazioni politiche/religiose alle quali aderivano.

Questo invece, e come il precedente Provocazioni a: Sto diventando conservatore? , l’ho tratto dal blog dell’amico Giuseppe.

È, nel complesso, un buon articolo curato e attento alle varie problematiche trattate, anche se non perfetto. Diciamo che ha impegnato per un discreto tempo l’autore e che esprime l’inquietudine del cattolico dei nostri giorni.

Rispetto ai precedenti è maggiormente complesso; perciò si dilunga ulteriormente sia nell’analitica che nella problematica. Volendo essere pignoli, possiamo dire che manca in toto dell’eziologia discorsiva.

 

Vorrei partire dalla citazione di Agostino per porre una domanda intrigante: cos’è la Carità[2]?

Appare, infatti, evidente che la concezione di questo lemma a quei tempi era assai diversa dall’attuale, considerato pure che Giuseppe, parlando della politica conservatrice, la indica anche come “compassione”, assai vicina a quella di molti cittadini che la confondono, identificandola, all’elemosina.

Ciò è abbastanza emblematico della confusione concettuale esistente oggi in molti cristiani non solo sul concetto di carità, ma anche su tutti i derivati dottrinali che fanno da corollario alla  carità.

E ciò porta ad una semplice considerazione: il personalismo cristiano si è tradotto in individualismo egocentrico cristiano.

Teologicamente l’individualismo cristiano pone già il fedele fuori dalla Chiesa (Ecclesia), appunto perché non vi è più una comunione con il resto della Chiesa, ma solo un associazionismo interessato che punta a scindere notevolmente l’assonanza tra Chiesa ed individuo.

Se, difatti, guardiamo attentamente all’articolo notiamo molti distinguo con la dottrina ecclesiale: a) atteggiamento della maggioranza dei Vescovi, b) proclamare la priorità dei diritti alla vita e al bene della famiglia senza una contestuale proclamazione dell’esigenza di politiche sociali, c) considerare i valori come le parti di un sistema valoriale da considerare unico e inscindibile, d) toccherà l’ingrato compito di saper discernere le aree e i limiti di questo impegnosu quelle incerte vige il principio della libertà.

E non ci devono confondere, dialetticamente, le varie posizioni individuali, contrastanti con la dottrina, assunte sia da elettori, sia da politici e anche, raramente, da prelati. Un conto è la logica ed un altro la deviazione comportamentale.

Il comportamentismo moderno è troppo legato allo status acquisito e trae l’origine, nei cristiani, dall’ignoranza concettuale dei valori: vi è una discrepanza netta, quasi una diaclasi comportamentale, tra cultura originaria (cristianesimo) e sociologia (individuale) operativa; e, di conseguenza, si tende a regolamentare civilmente ciò che invece dovrebbe rimanere nell’individuale privato: la coscienza!

Sembra che il cittadino pretenda dallo stato l’assonanza completa legale legiferata di ogni suo intendimento: diritto ad una scuola privata (classista/religiosa) a spese[3] della comunità nazionale, regole di convivenza civile prestabilite (famiglia, convivenze, aborto, eutanasia …) e difesa dei valori idealizzati.

Ovviamente l’idealizzazione universale non è possibile per l’idiosincrasia tra le varie problematiche che, da ideologiche personali, vengono rilanciate quali sociali universali.

Perciò bisogna fare una distinzione sostanziale tra società civile (stato) e comunità religiosa (chiesa). La prima sovrintende la vita nazionale garantendo il multiculturalismo ideologico/religioso, la seconda cura l’associazionismo comunitario, fondato principalmente sulla specificazione settoriale di valori comportamentali.

Il cristiano (cattolico o protestante che sia) è oggi raramente un cittadino praticante religioso; ma, nello stesso tempo, non è neppure un cittadino praticante lo stato. È, sostanzialmente, un cittadino/cristiano senechiano, che segue il proprio interesse e la sua indole anche in contrapposizione ai valori: un credente assai diluito e senza dux!

Perciò, come facevo rilevare in L’estinzione dei dinosauri. appare ininfluente se il conservatore (politico o cittadino) che vuole difendere la famiglia personalmente magari la calpesta, come il riformista che vuole difendere il povero vive da Epulone beato nell’agio.

 

I vescovi, ovviamente, con tutto il rispetto loro e dello Pneuma, non hanno la scienza infusa e, in via teorica, è comprensibile che siano umanamente carenti in tante materie, specie in quelle scientifiche, compresa la bioetica. Seguono, però, in modo assolutamente democratico le direttive dottrinali ecclesiali vigenti, anche se talora possono sforare nella logica esistente tra teologia dottrinale e comprensione perfetta della scienza.

Per far comprendere bene cosa intendo, voglio citare due fatti: uno politico e l’altro religioso.

Poco dopo la proclamazione dei risultati elettorali negli U.S.A., anche se non completi, il candidato repubblicano chiama quello democratico, accetta la sua vittoria e lo chiama Signor Presidente. Dopo la tenzone elettorale ognuno torna al posto che la democrazia gli ha riservato, accettando la minoranza il verdetto dell’urna come se fosse il proprio.

In un Concilio vi sono tre tempi: a) le problematiche sul tappeto, b) la discussione convinta, c) la votazione democratica che sancisce quale sia la linea migliore scelta dallo Pneuma, tramite i Padri conciliari, con  la semplice maggioranza del 50% + 1 dei votanti. Poi tutti si uniformano, essendo Chiesa, alle direttive prese. È questa è la perfetta Democrazia teologale, che molti chiamano, assai più propriamente, perfetta Teosofia democratica.

Purtroppo può succedere, come a Giuseppe, di scambiare la Teosofia democratica per conservatorismo, o, peggio ancora, quale appoggio specifico ad un determinato candidato o partito.

Ovviamente a livello individuale ciò può anche avvenire, ma mai come Ecclesia.

Quello che invece sempre avviene è l’invito a comportarsi nel rispetto delle direttive scaturite dalla Teosofia democratica: essere totalmente democratici nella comunità religiosa! Il che non significa essere bigotti.

Negli States nessuno si è scandalizzato per il documento dei vescovi americani, mentre in Europa tali richiami vengono normalmente intesi quale interferenza negli affari di uno Stato. Però, qua da noi, a mesi dal risultato elettorale vi sono ancora forze politiche che si arrogano il diritto d’aver vinto pur avendo sonoramente perso.

Perciò la considerazione è singolare e univoca: la cultura democratica imperfetta (e decadentista) evidenzia l’individualismo dialettico che porta ad essere stato utopistico autonomo in uno Stato reale, come in religione l’egocentrismo fideista si pone quale alter ego personalista alla Comunità ecclesiale!

E lo schierarsi singolarmente del cattolico viene di conseguenza, con tutti i suoi interessati “distinguo”.

 

(segue)

 


[1] – Testo corretto.

[2] – E non mi riferisco al binomio Dio-Carità.

[3] – Questo problema non è solo cattolico, bensì interreligioso, come le richieste islamiche stanno a dimostrare.

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